Al mio amico Fernando, che non leggerà il 42° parallelo di Dos Passos

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Milano, 2 luglio 2015

Caro Fernando, mi dispiace doverti comunicare che non ti sarà possibile leggere il libro di cui abbiamo parlato. Si tratta di un testo un po’ difficile da trovare, tecnicamente è “fuori catalogo”.

Luca, il mio libraio di fiducia, alla richiesta se si trovava in commercio, mi ha risposto:

sì, però con un’aggiunta: attenzione che ce ne sono pochissime copie in giro.

Il che significa che tu non lo potrai avere.

Una circolare del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria (DAP), infatti, dispone che, ai detenuti in regime di 41bis, come te:

– sia vietato l’acquisto di stampa autorizzata (quotidiani, riviste, libri) al di fuori dell’istituto penitenziario, compresi abbonamenti, da sottoscriversi direttamente da parte della Direzione o dell’impresa di mantenimento per la successiva distribuzione ai detenuti richiedenti, per impedire che terze persone vengano a conoscenza dell’istituto di assegnazione dei detenuti; 

– sia vietata la ricezione di libri e riviste da parte dei familiari, anche tramite pacco consegnato al colloquio o spedito per posta, così come l’invio del predetto materiale ai familiari da parte del detenuto;  

– sia vietato l’accumulo di un numero eccessivo di testi, anche al fine di agevolare le operazioni di perquisizione ordinaria;

– sia vietato lo scambio di libri e riviste tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità

quindi l’unico modo che ti resta per procurarti dei libri è quello di ordinarlo allo spesino della prigione, che difficilmente vorrà/potrà arrivare dove è arrivato l’amico Luca, libraio senza libreria.

Ti presterei volentieri la mia copia, ma anche questo, come vedi, non ci è permesso.

Mi dico, “una volta che un libro così riuscisse ad entrare in galera bisognerebbe non uscisse mai”. Benché anche in questo caso risulterebbe disponibile solo all’interno del tuo “gruppo di socialità” (che paroloni usano questi giuristi) e diventerebbe presto più un peso che altro.

Un altro capitolo della norma, infatti, dice:

Si prevede che possano essere detenuti presso la propria cella un codice penale, un testo religioso ed un dizionario, tre libri di lettura, compresi quelli eventualmente in prestito dalla biblioteca, due riviste periodiche e tre quotidiane.

“Tre libri di lettura”.

Un libro, nella cella di un detenuto come te, sottoposto al regime del 41bis, corrisponde sempre al 33% della sua bibioteca, con gran smacco di Borges e della Babele ‘che conteneva tutti i libri possibili’. C’è biblioteca e biblioteca. Quindi un libro ‘prezioso’ lo tieni fin che ti serve, poi lo lasci andare, ovunque ma altrove.

Per rispetto alle direttive del DAP dovremo quindi dedicarci ad altri argomenti, cambiare le nostre letture e di conseguenza i temi delle nostre conversazioni.

Sarebbe utile scegliere soggetti più adatti a queste restrizioni. Orientarci su dei testi di facile reperibilità ma voluminosi o particolarmente ostici, che diano ossa da rodere alle tue giornate fatte di nulla: 22 ore in isolamento, un’ora d’aria e un’ora al chiuso col tuo “gruppo di socialità”, che poi è composto da un massimo di tre persone. Cercheremo di imparare anche da questo.

Ti confesso che faccio fatica a capire cosa sia meglio fare e, soprattutto, mi mette in difficoltà doverti suggerire quali libri “acquistare” (a tue spese). I soldi son sempre pochi, e se poi non ti dovessero piacere? Preferirei mandarti i libri che ho, lasciarti disfare di quelli che non ti sono piaciuti e conservare quelli che ami, ma anche questo non ci è concesso.

È una matematica difficile quella fatta con solo tre numeri, è una biblioteca preziosa quella fatta di solo tre volumi, ricorda il Piccolo Principe, che però è un libro troppo piccolo per costituire, da solo, il 33% della tua biblioteca.

Mi verrebbe da consigliarti un libretto, che senz’altro puoi ordinare, edito di recente e facilmente reperibile.  Si tratta di “Le leggende del nonno di tutte le cose” di Mauricio Rosencof, un poeta dell’Uruguay.

Sono storie che Mauricio, in isolamento dal 1973 al 1985, “inventò”, per la giovane figlia di un prigioniero come lui. Mauricio raccontava queste storie al vicino di cella, che non poteva vedere e con cui non poteva comunicare, picchiando sul muro con un codice da loro inventato. Mi piacerebbe che tu lo leggessi perché sono molto belle e perché so che voi, a cui non è permesso neanche parlare da una cella all’altra, certe cose le potete senz’altro capire meglio.

È strano il mondo, Fernando.

Sperando che queste parole passino velocemente il controllo della censura, ti mando un forte abbraccio

tommaso

(il Fernando di questa lettera non esiste, ossia è uno qualsiasi dei 700 e passa detenuti in regime di 41bis e quindi soggetto a questa come a molte altre vessatorie restrizioni. Il nostro ordinamento giuridico non contempla ancora il reato di tortura e forse non è -solo- per i morti nelle questure o per le vicende della scuola Diaz o della caserma di Bolzaneto.

uscire dal 41bis è possibile:

solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborano con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter (4-bis)

ossia

abbiano aiutato concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati (58-ter)

cioè si esce mettendo qualcuno al proprio posto.

Mauricio Rosencof oggi è assessore alla cultura della città di Montevideo, in Uruguay, e la sua storia è citata ad esempio di coerenza, tenacia e coraggio.

È strano il mondo, Fernando, strano e talvolta molto ingiusto)


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