È la sera di capodanno del 1993

È la sera di capodanno del 1993.

Il discorso augurale agli italiani del Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, viene diffuso per mezzo della televisione in tutto il carcere.
Quando il Presidente porge gli auguri a tutti i detenuti e ai loro familiari, che soffrono quanto e come loro, penso che queste parole, dette da chi dovrebbe tutelarti, siano un’offesa, una caduta di stile.

Gli abbiamo inviato centinaia di lettere, ma non abbiamo mai ricevuto una risposta: non ha sentito il bisogno di intervenire per interrompere queste torture. Siamo carne da macello, figli di nessuno. Scannati, ogni giorno. Immolati al dio dell’ingiustizia.

Sulla mia colpevolezza non si è pronunciato ancora nessun tribunale. Perché ammazzarmi, anzitempo? Vergogna! Mai una parola di conforto. Da una cella sento una voce di disapprovazione alle sue parole: un tale Paolo Barone lo apostrofa malamente, sputando con rabbia.

La guardia del blocco lo segnala subito ai superiori, aggiungendo qualcosa di più di quello che in realtà aveva detto. Viene denunziato per vilipendio al Capo dello Stato. Almeno, cosi, radio carcere dirama la notizia.
Cominciano la chiusura dei blindati e mi portano la posta.
Tocco la busta e noto che dentro ci sono delle foto che mia moglie ha spedito per farmi vedere come cresce nostra figlia, Guardandole noto subito che sul viso della bambina c’è il timbro “visto per censura”.
Mi chiedo come posso catalogare l’essere spregevole che ha fatto questo. Poteva mettere il timbro in un altro posto, ma ha voluto, ancora una volta, infierire sull’animo di un uomo che soffre,
Uscito all’aria, non si parla che delle malefatte ricevute. Per loro il fine giustifica i mezzi: devono sfornare pentiti, Sotto tortura non ci possono essere mai pentimenti sinceri. Un uomo, pur di salvarsi la pelle è disposto a tutto. Parliamo anche dei familiari che vengono al colloquio. Anche loro tormentati e violentati nella loro intimità. Le donne sono perquisite e anche i bambini devono abbassare le mutandine.

Raccontano, addirittura, che un bambino, stanco del lungo viaggio. ha chiesto da bere alla mamma. Alla richiesta della signora di avere un po’ d’acqua per il figlio, le guardie hanno aperto la busta d’acqua e l’ hanno versata a terra. Poi, rivolgendosi alla madre, con derisione, le hanno detto che era finita, proprio in quel momento. Quell’evento aveva talmente terrorizzato il bambino da non volere più andare a trovare il padre.

Per i parenti che affrontano duemila chilometri per visitarci, non c’è alcun punto di ristoro. Se fa caldo, stanno al caldo, se fa freddo, al freddo. Al rientro in cella, faccio un telegramma a casa. Scrivo a mia moglie di non venire più a colloquio, per nessun motivo. E, anche se sono certo che lei affronta con coraggio le loro cattiverie, le impongo un divieto, senza appello. Non posso permettere che, a causa mia, altri subiscano violenza. Sono io l’agnello sacrificale, non i miei parenti. Sono stato tenuto all’oscuro, altrimenti glielo avrei proibito prima. E poi, a parte i sacrifici, ci vogliono una barca di soldi. Decido di non fare più colloqui a Pianosa, lasciando come unico contatto quello epistolare.
Ho trascorso già un anno in regime di 41 bis nel lager di Pianosa.

[Rosario Enzo Indelicato, “L’inferno di Pianosa”, Sensibili alle Foglie, 2015]

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60° giorno di sciopero della fame di Alfredo Cospito

Questo breve post, come quelli che lo precedono e quelli che seguiranno, sono un contributo alla campagna per l’eliminazione del regime del 41bis e dell’ergastolo ostativo.

Si tratta per lo più di brani tratti da libri di cui consiglio comunque l’acquisto e la lettura integrale. La mia speranza è che questi piccoli estratti riescano, per quanto possibile, a dare un’idea di quel che si può fare in nome dell’amministrazione della giustizia, in particolare quando si sceglie di intervenire a posteriori ossia mirando l’autore dell’atto indesiderato, senza il minimo interesse alle ragioni, personali o sociali, della genesi di tali atti.

Evidentemente la ricerca delle cause rischierebbe di sollevare delle questioni troppo scomode o complesse per gli equilibri del progresso borghese.

Queste pagine vogliono essere un cotributo di solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito, Anna, Juan e Ivan, contro il 41bis e l’ergastolo ostativo.

Qui una parzialissima rassegna stampa sullo sciopero della fame di Alfredo

dicembre 2022


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