Ergastolo ostativo

Sono Giovanni Farina, dal 1975 ho iniziato la mia detenzione, sto scontando l’ergastolo ostativo, “fine pena mai”. (…) La verità di ogni uomo si basa sulla dimensione reale dell esistere. E non è sempre possibile collegare alla sua vita un ricordo telice, anche se nulla si perde nel tempo sia del bene o del male. Il passato non passa mai, perché tutto resta in noi come un eterno presente; una volta entrati nella vita, non si esce più. (…)

Non voglio dare un messaggio sbagliato a chi legge. Voglio che si sappia che non sono un uomo migliore dopo trent’anni di galera; ero un uomo migliore quando pascolavo le mie capre sulle pendici della montagna ed ero circondato dall’amore dei miei genitori, di mia figlia e mia moglie. Che cosa è restato di migliore in me dopo trent’anni di carcere speciale, dove mi è stata fatta per tanti anni una guerra psicologica per 24 ore al giorno, dentro quattro mura da dove non potevo vedere il cielo dalla finestra perché oscurata da una lastra di plastica nera, da dove nell’estate non entrava nemmeno un alito di vento e diventava una fornace ardente quella piccola cella? Dovevo essere educato dentro quelle quattro mura, con la tortura dovevo diventare un uomo migliore. In tutti questi anni mi è stato proibito di frequentare una scuola, di andare a messa la domenica perché ero cattolico, di vedere le persone che amavo, le potevo vedere solo per un’ora al mese da dietro un vetro blindato con uno spessore di quaranta centimetri attraverso il quale non si sentiva nemmeno la voce. Non potevo avere in cella libri, tutto era limitato, contato e controllato, dai calzini alle mutande, all’ ora d’aria.

Mi è stato impedito per tutta la mia gioventi di vivere da essere umano.

Non sono un uomo migliore… Non sono felice… perché ho perso il mio orizzonte di vita. Mi sono domandato molte volte, perché in questo luogo dannato nessuno tenta di recuperare qualche dannato. Questo luogo è considerato un fiume le cui sorgenti sono inquinate e dovrà avere sempre acqua cattiva. Nella profondità di noi stessi riusciamo ancora ad amare il nostro Io, dal quale si attinge lo spazio del tempo ogni giorno che passa.

Se non sappiamo chi siamo, come possiamo capire il giudizio della nostra coscienza, siamo degli animali estinti, la vita non entra più dalla porta del cuore. Il giardino che ospita l’eternità brillerà ancora anche per noi nel cielo? Quando l’essere umano non ha più idee la sua vita diventa una prigione, un buio labirinto.

Si può pensare che l’uomo è cio che pensa e si modella con i suoi comportamenti nella dimensione spazio tempo. La libertà è finalizzata alla verità. Chi si è mai chiesto se vale la pena lottare durante la vita per la verità se in conclusione si deve morire e lasciare tutto alla terra?

Viviamo nell’Italia dei misteri occulti. I parlamentari vogliono l’immunità, pretendono di non essere giudicati per le loro azioni, come dei comuni cittadini. È giusto che questi signori non vengano in galera, perché la galera non ha fatto di me un uomo migliore, ma un essere perso nel vuoto, un disadattato senza più energia mentale perché privo di futuro.

In questo modo senza esistenza che cosa m’importa del presente o del domani? Mi sono domandato se un giorno uscissi da queste quattro mura, che cosa farei in un mondo che non è più mio.

Per me le mura di una prigione sono un rifugio sicuro, dentro di loro ho respinto per tanti anni la mia vita, mi hanno difeso dal male che c’è oltre il confine tracciato dal muro di cinta. Che cosa potrei fare nella confusione del mondo a sessant’anni? Non ho più il senso della famiglia, Sono un uomo solo, da ricostruire.

[Giovanni Farina, Aspettando il 9999, Sensibili alle Foglie, 2015]

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63° giorno di sciopero della fame di Alfredo Cospito

Questo breve post, come quelli che lo precedono e quelli che seguiranno, sono un contributo alla campagna per l’eliminazione del regime del 41bis e dell’ergastolo ostativo.

Si tratta per lo più di brani tratti da libri di cui consiglio comunque l’acquisto e la lettura integrale. La mia speranza è che questi piccoli estratti riescano, per quanto possibile, a dare un’idea di quel che si può fare in nome dell’amministrazione della giustizia, in particolare quando si sceglie di intervenire a posteriori ossia mirando l’autore dell’atto indesiderato, senza il minimo interesse alle ragioni, personali o sociali, della genesi di tali atti.

Evidentemente la ricerca delle cause rischierebbe di sollevare delle questioni troppo scomode o complesse per gli equilibri del progresso borghese.

Queste pagine vogliono essere un cotributo di solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito, Anna, Juan e Ivan, contro il 41bis e l’ergastolo ostativo.

Qui una parzialissima rassegna stampa sullo sciopero della fame di Alfredo

dicembre 2022


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