La meritocrazia

le collettività si riuniscono per proteggere i più deboli o per garantire la supremazia ai più forti?

ossia nella loro storia gli esseri umani decidono di costituire dei gruppi allargati allo scopo di aiutarsi o di far prevalere una gerarchia? a seconda della risposta che si dà a questa domanda possono discendere due diversi modelli educativi.

Un modello educativo basato sull’ascolto tende a permettere a tutti i ragazz* pari condizioni di accesso alla conoscenza, il che significa privilegiare (in termini di risorse) chi ha più bisogno. Presupposto fondamentale è che quella della libera conoscenza è una esperienza bella e gratificante che, messa nelle opportune condizioni, si autostimola. Si immagina che il ragazzo o la ragazza (ma lo stesso vale anche per l’adulto) possa e debba trovare delle ragioni nelle cose che fa e che queste ragioni costituiscono un motivo in generale sufficiente a stimolare l’apprendimento.

Il modello meritocratico, al contrario, tende a premiare i migliori, coloro che riescono di più o che maggiormente si applicano. Qui evidentemente si suppone che la conoscenza non sia un effetto di relazioni positive ma il frutto di sforzi sostanzialmente contronatura. l’essere umano lasciato a sé stesso sarebbe una inutile bestia, solo la disciplina e lo sforzo lo elevano nel tempio del sapere.

In questa seconda versione la ragione della collettività è quella di fornire uno stimolo aggiuntivo, premiando chi, per indole, per censo o per storia personale è già premiato perché più dotato o abile, a scapito e beffa di chi, per indole, per censo o per storia personale, si trova in affanno.

Direi che la prima versione si basa su una considerazione ottimistica dell’esistenza, la seconda è fondamentalmente pessimistica e un po’ lugubre.

Chiedere alla collettività di garantire ai migliori il diritto alla supremazia è un po’ come chiedere ai meno abbienti di mantenere la più nobile casta, lasciando solo a quest’ultima l’accesso alla conoscenza.

tommaso, 4 maggio 2010

I bambini sono quasi sempre dei bambini attivi. Alimentano le loro bambole e combattono le loro guerre, costruiscono dei castelli con scatole di cartone o palazzi nella sabbia. Lo fanno per scherzo, non creano per nient’altro che per il processo in sé. La questione importante e difficile è perché tanti lasciano che queste attività finiscano, perché smettono di creare.

Perché è un’attività che richiede così tanta energia?

Osservate i ragazzini che costruiscono un qualche genere di capanna su un albero. O raffigurateveli con l’immaginazione se non ce ne sono in giro. Questo tipo di ragazzini può andare avanti dalla mattina presto alla sera tardi, può portare assi sul posto, sega, martello, può picchiarsi sulle unghie e farsi male alle dita. Ciò può andare avanti per giorni, settimane, finché la costruzione è finita, finché non vengono delle idee per un nuovo progetto.

Siamo nati come creatori. Ma il lavoro può allontanarci da noi stessi in diversi modi. Il più pericoloso è il salario. Esso distoglie l’attenzione dal lavoro. Non è più centrale quello che uno fa, ma quanto guadagna con ciò che fa. Il lavoro diventa un mezzo per qualcos’altro, e l’attività diventa ciò che i tedeschi chiamerebbero uneigentlich – non è più un’attività per creare qualcosa, ma un’attività rivolta a compiere qualcosa di diverso, qualcosa che si aggiunge alla creazione: la ricompensa in denaro. Date ai bambini del denaro per costruire delle capanne sugli alberi, e la loro attività volgerà presto al termine.

Rimuovendo il rapporto tra lavoro e salario, anche qualcosa d’altro viene rimosso: la fiducia particolare nel fatto che le persone abbiano i salari che meritano. Meritato, o persino il più meritato e quindi il salario è più alto? Perché un tale è il miglior fabbricante di bambole della città o del paese? Perché le bambole sono più richieste dei cavalli a dondolo? Perché un tale è nato in una famiglia di fabbricanti di bambole? Perché uno ha potere e/o durezza sufficiente per creare un monopolio di produzione di bambole? Quando la ricompensa del lavoro è il lavoro, diventa evidente che le differenze in denaro in una società normale hanno tante altre ragioni rispetto al lavoro stesso.

Del denaro dato ai ragazzi potrebbe presto portare alla cessazione delle loro attività di costruttori. Inoltre io conosco un solo altro metodo efficace per far cessare, persino per prevenire, questa loro attività. Quella di insegnar loro come farla: se io, cioè, afferrassi immediatamente il martello, e poi mi facessi vedere da loro attentamente mentre faccio una dimostrazione, e organizzassi poi un piccolo corso di costruzione di cottage con un esame finale e una certificazione di quelli che sono stati abbastanza bravi ad arrampicarsi sugli alberi. Al livello della “capanna sugli alberi” l’idea è assurda. A livello sociale, questo è esattamente il modo in cui noi organizziamo le cose – e in seguito cominciamo a chiederci perché tanti bambini diventano gradualmente così passivi.

Nils Christie, A suitable amount of crime, London, UK: Routledge, 2004